Vanity Fair – Monica Cirinnà: «Non toccate la legge sulle unioni civili»
La prima firmataria della storica legge, rieletta in Senato, teme l’arretramento sui diritti civili. E spiega perché sarebbe un errore clamoroso
«Meno narcisismo e più scarpe consumate. È questo quello che serve al Partito Democratico». Quando Monica Cirinnà ci risponde al telefono, ha appena avuto la conferma della sua rielezione in Senato. E non era scontata, vista la sconfitta che il partito di cui fa parte ha subìto alle elezioni politiche del 4 marzo.
Dalla sua casa in Toscana, dove insieme alla sua grande famiglia (quattro figli non suoi, quattro gatti, due cani) gestisce un’azienda agricola biologica e trascorre metà della settimana, l’altra metà è a Roma), ha vissuto le ore del crollo del Pd, in diretta tv.
«Lo spoglio elettorale l’ho seguito qui con mio marito, con tutte le tv accese e i cellulari attaccati alla corrente. Tantissimi messaggi di sostegno e affetto mi hanno dato l’energia». E adesso è pronta per il mea culpa. Suo e del Partito.
Chi ha sbagliato di più?
«Non ci sono solo errori di Matteo Renzi, ci sono degli errori di tutto il gruppo dirigente degli ultimi anni del Pd».
Cosa imputa a loro?
«Sono stanca di un Pd nel quale si vive di incarichi che non si tramutano in fatti reali. Tutta la segreteria uscente, le direzioni dei 40 dipartimenti, a parte i post su Fb cos’hanno fatto?».
Quali sono stati gli errori più grandi?
«Il più forte e brutto è stata la perdita di visione del partito come luogo plurale, composto da pluralità di valori ma soprattutto di persone e territori. In questi anni i territori sono stati trasformati in potentati locali ad esclusivo vantaggio dell’autoreferenzialità di qualcuno. Così abbiamo perso le radici lunghe del nostro albero:i circoli, le associazioni, i corpi intermedi».
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