UN DDL PER ASSICURARE DIGNITÀ A CHI STA MORENDO
“Bisogna consentire a chi già sta morendo di poterlo fare in modo corrispondente alla propria visione della dignità del morire. Per questo ho presentato un ddl insieme a Tommaso Cerno (Pd), Loredana De Petris (Leu), Matteo Mantero (M5s), Riccardo Nencini (Psi), Paola Nugnes (Leu) e Roberto Rampi (Pd)
Negli scorsi mesi la Camera dei Deputati ha avviato una discussione che, tuttavia, non ha prodotto esiti. Al Senato sono stati presentati alcuni disegni di legge con diverse soluzioni tecniche che si fanno carico di rispondere alla richiesta della Corte Costituzionale. Questo ddl costituisce un ulteriore contributo al dibattito, ricalcando con la massima precisione possibile i contenuti dell’ordinanza n. 207/2018 della Corte Costituzionale.
In particolare la Corte ravvisa la necessità di intervenire sull’attuale formulazione dell’art. 580 del codice penale, per eliminare l’irragionevole unicità delle due diverse fattispecie di istigazione e aiuto al suicidio, ivi contemplate. Per questo, secondo la Corte Costituzionale ben potrebbe il legislatore consentire che, nei casi in cui è già prefigurato dalla legge l’esito mortale come conseguenza della sospensione dei trattamenti sanitari, venga somministrato al malato un farmaco idoneo a provocarne la morte rapidamente e senza dolore, prevedendo al contempo idonee garanzie.
Il ddl interviene, quindi, sulla formulazione del primo comma dell’art. 580 c.p., ragionevolmente differenziando le pene comminate per le due diverse fattispecie di istigazione e aiuto al suicidio. Consentendo poi, su richiesta del paziente, la somministrazione di un farmaco atto a provocarne rapidamente e senza dolore la morte nei casi individuati dalla Corte Costituzionale, includendo nella disciplina dell’aiuto medico a morire anche quei pazienti che, sebbene non tenuti in vita a mezzo di trattamenti di sostegno vitale (come ad esempio la ventilazione artificiale), siano comunque affetti da patologie gravi e irreversibili, fonte di sofferenze fisiche o psichiche intollerabili.
La Corte Costituzionale ha dato al legislatore l’irripetibile opportunità di rispondere in modo serio e ponderato alla domanda di riconoscimento che si leva dal corpo stesso dei malati.
Una risposta sensibile alla dignità del morente e alla garanzia della miglior qualità di vita possibile, in armonia con la sua autodeterminazione e la sua visione della morte. Oggi, mentre rispettosamente attendiamo l’esito della decisione della Corte, ribadiamo con la presentazione di questo disegno di legge che una via tecnica e politica può essere percorsa, nel pieno rispetto dei principi enunciati dalla Corte e nel rispetto di quanto la Corte stessa, oggi, dovesse decidere.
Il legislatore non è chiamato a dare la morte, né a rinunciare all’obbligo di prendersi cura di ogni persona malata – conclude Cirinnà – Piuttosto, è chiamato a confrontarsi, con umiltà, con le forme che può assumere, nella concretezza delle situazioni di vita, la dignità personale, riconoscendola con rispetto.
In quest’ottica, mettendo al centro la persona del malato e la sua libertà di scelta, il ddl non fa altro che disciplinare, con le opportune garanzie, la possibilità di consentire a chi già sta morendo di poterlo fare in modo corrispondente alla propria visione della dignità del morire.