Programma elettorale
Programma elettorale del Partito Democratico – Italia democratica e progressista
“La speranza siamo noi, quando non chiudiamo gli occhi davanti a chi ha bisogno, quando non alziamo muri ai nostri
David Sassoli
confini, quando combattiamo ogni forma di ingiustizia”
I 3 pilastri del Piano Italia 2027
Il Piano Italia 2027 disegna una visione del Paese impostata su tre pilastri:
- Sviluppo sostenibile e transizioni ecologica e digitale;
- Lavoro, conoscenza e giustizia sociale;
- Diritti e cittadinanza.
Sono tre pilastri, perché se anche uno solo di essi cade o viene gravemente danneggiato la nostra
democrazia collassa. Affermare dunque – come da anni fanno le destre – che occuparsi dei diritti non è
mai urgente, o che la sostenibilità ambientale può essere rimandata a domani e poi al giorno dopo, vuol
dire non comprendere la fragilità della nostra democrazia o, semplicemente, disinteressarsene. - Sviluppo sostenibile e transizioni ecologica e digitale
Il primo pilastro è quello che raggruppa lo sviluppo sostenibile e le transizioni, digitale e verde. L’Italia
è stata investita da 5 grandi crisi negli ultimi 15 anni: quella economico-finanziaria e dei debiti sovrani,
quella dei migranti, la pandemia, la guerra di Putin con le sue conseguenze economiche ed energetiche,
la crisi climatica. Tutte cesure che ci hanno fatto vivere anni di emergenza permanente e che hanno
inevitabilmente impoverito e reso più fragile il nostro Paese.
La transizione ecologica rappresenta una grandissima occasione per ammodernare l’Italia e
reindirizzarne la traiettoria di sviluppo in uno scenario di sostenibilità. La sfida della lotta al
cambiamento climatico non deve essere combattuta in chiave difensiva. Dobbiamo al contrario avere la
forza di operare un cambio di paradigma, per costruire un modello che guardi agli interessi non solo dei
singoli attori economici, ma della comunità nel suo complesso, di oggi e delle future generazioni.
Dobbiamo agire subito. Lo dimostrano le immagini di questa estate: le ondate di calore e la siccità
estrema indicano chiaramente come il futuro del nostro pianeta, del nostro benessere sociale e della
nostra economia siano indissolubilmente legati. Rallentare sul fronte della transizione ambientale (o
peggio ancora fermarsi) non è un’opzione. Perché significherebbe accettare impotenti l’aumento di
catastrofi ambientali, quali quelle già vissute in questi anni, dal crollo del ghiacciaio della Marmolada alle
alluvioni dell’autunno scorso. Perché significherebbe trasformare tante aree del nostro Paese, a partire
dalle aree più cementificate delle grandi città, in posti invivibili. Perché significherebbe condannare
all’arretratezza tantissime imprese che già oggi soffrono i danni del cambiamento climatico o la
concorrenza di Paesi esteri più avanzati sul fronte dell’innovazione verde.
Il pacchetto europeo FitFor55, con il suo obiettivo di ridurre le emissioni nette di gas a effetto serra di
almeno il 55% entro il 2030 e di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050, ha indicato chiaramente
qual è il percorso da intraprendere. Dobbiamo fissare obiettivi climatici realistici ma ambiziosi,
mettendo in campo strumenti capaci di garantire una transizione socialmente equa e di rafforzare
l’innovazione e la competitività della nostra industria.
Vogliamo portare avanti i nostri obiettivi nel solco di un rafforzato impegno internazionale, perché quella
climatica è una sfida globale. Se negli ultimi anni si è riuscito a ottenere un cambio di passo, in Italia e nel
mondo, è perché l’Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici ha fornito un quadro comune di azione,
all’interno del quale governi, imprese e investitori hanno potuto orientarsi. L’Inflation Reduction Act
voluto dal Presidente Biden prevede un investimento di oltre 370 miliardi di dollari in programmi per il
clima e l’energia e consentirà agli USA di tagliare del 40% le emissioni di gas serra entro il 2030 rispetto
ai livelli del 2005. Si tratta di una decisione storica per gli Stati Uniti.
La cooperazione ambientale internazionale non cresce nell’attesa degli impegni altrui, ma con decise
scelte, anche unilaterali, che cambiano la prospettiva e incoraggiano al cambiamento, in uno scenario di
imitazione virtuosa. L’Europa oggi è chiamata ad assumere la leadership di questi cambiamenti di
paradigma.
Solo una forza politica aperta ai valori del multilateralismo e della cooperazione può quindi essere in
grado di portare avanti anche in Italia una vera agenda per la transizione ecologica.
Adesso dobbiamo agire per trasformare e rendere più solido l’intero tessuto produttivo e sociale
del Paese.
Vogliamo rafforzare il grande potenziale delle nostre imprese, dei piccoli imprenditori e
imprenditrici, delle start-up innovative, del mondo degli artigiani e dei professionisti, attraverso
misure di sostegno e di semplificazione, favorendo la “transizione 4.0” in uno scenario che coniughi
innovazione, concorrenza e sostenibilità. Vogliamo investire nella ricerca e nell’innovazione per superare
le inefficienze e i problemi strutturali di bassa produttività del “Sistema Italia”. Vogliamo intervenire sulla
riduzione dei costi energetici di famiglie e imprese attraverso proposte concrete, capaci di dare una
spinta decisiva alle fonti pulite e rinnovabili. La cura del territorio passa anche dalla valorizzazione delle
aree protette e dalla tutela della biodiversità.
Gli investimenti infrastrutturali e di mobilità sostenibile, avviati dal governo Draghi, dovranno essere
integrati con nuovi progetti di copertura territoriale. Puntiamo a introdurre piani contro la siccità e a
disegnare l’agricoltura, l’allevamento e la pesca come motori della transizione ecologica, anche attraverso
il potenziamento della digitalizzazione dei processi di tracciamento e monitoraggio.
Vogliamo semplificare e rendere più equo e progressivo il fisco per le famiglie e le imprese, in uno
scenario di incentivi che prediligano la transizione ecologica e digitale. Vogliamo rimuovere gli ostacoli
che frenano le famiglie e le imprese a migrare verso le reti di connettività a banda ultra-larga, attuali
e future, e al pieno dispiego delle competenze e dei servizi digitali, ivi inclusi quelli offerti della Pubblica
Amministrazione.
Crediamo che, al fine di sviluppare una relazione virtuosa tra Stato, Mercato e Comunità, occorra
garantire una frontiera efficiente tra concorrenza e universalità dei servizi, attribuendo un ruolo crescente
al Terzo settore e al protagonismo civico che anima le nostre comunità nei diversi ambiti della vita
civile. Vogliamo essere portatori di una visione, complessiva e non frammentaria, capace di valorizzare la
persona dentro la famiglia, le reti parentali e di vicinato, i corpi intermedi, le varie forme associative,
mutualistiche e cooperative, il sindacato, i servizi pubblici locali, le piccole imprese locali e quelle
partecipate e responsabili, il civismo, il municipalismo.
Vogliamo rilanciare la visione strategica dell’intervento pubblico nei tanti ambiti di fallimento di
mercato esposti all’esercizio di monopoli, abusi di posizione dominante e di cartelli, anche su scala
globale.
Gli strumenti li abbiamo e sono molteplici, ma tutti fondati su uno stesso prerequisito: la stabilità
necessaria a pianificare investimenti e scelte strategiche che guardano al futuro. Questo a partire dal
PNRR e dal suo percorso di riforme interrotto bruscamente per la caduta del governo Draghi. Ciò significa
portare a termine nei tempi previsti le tante riforme che l’Italia aspetta da tempo – cominciando da Fisco,
Giustizia, Pubblica Amministrazione e Concorrenza – e tutti gli investimenti previsti dal PNRR, per non
perdere neanche una delle opportunità offerte dai finanziamenti europei. Vogliamo sostenere imprese
e lavoratori perché possano affrontare con successo questa fase difficile e cogliere tutti i vantaggi dei
grandi cambiamenti che attendono la nostra economia nei prossimi anni. Vogliamo che la transizione
verde e digitale sia il principale volano per una crescita duratura e sostenibile per tutte e tutti. - Lavoro, conoscenza e giustizia sociale
Il secondo pilastro è quello della centralità del lavoro, della conoscenza e della giustizia sociale. Le
disuguaglianze sono il freno a ogni prospettiva reale di crescita. Ridurre i divari è un imperativo,
economico e morale. Per farlo vogliamo partire dalla dignità del lavoro di tutte e di tutti. Il lavoro come
fondamento su cui costruiamo l’intera impalcatura della nostra società. L’Italia deve dare sempre più
dignità ai lavoratori e alle lavoratrici, soprattutto a quelli oggi più vulnerabili. Ciò risulta ancora più urgente
alla luce della precarizzazione che caratterizza il nostro mercato del lavoro, specie per i più giovani
e per le donne, e che non è accettabile.
Gli sforzi fatti in quest’ultimo anno, con la riforma degli ammortizzatori sociali e con l’incentivazione
all’occupazione di qualità hanno portato alcuni frutti: il tasso di occupazione nel mese di giugno 2022
ha raggiunto il massimo storico del 60,1%, trainato soprattutto dai contratti a tempo indeterminato. Al
tempo stesso, tuttavia, crescono i contratti precari. Cresce il lavoro discontinuo e povero, soprattutto
per i giovani. Ciò incide sui salari, tanto che le nostre retribuzioni sono tra le più basse d’Europa. Anche
i divari occupazionali territoriali, di genere e di età continuano a essere condizioni strutturali e
drammatiche del nostro Paese.
La quota consistente di lavoro sommerso costituisce poi una vera piaga sociale ed economica con
importanti differenze a livello geografico. Spesso il sommerso riguarda cittadine e cittadini stranieri in
particolari condizioni di vulnerabilità, il cui lavoro è ormai essenziale per interi settori produttivi, dalla
ristorazione all’agro-alimentare, sino ai lavori di cura.
Tali criticità incidono inoltre notevolmente sulla sicurezza, perché condizioni non dignitose e salari bassi
creano un lavoro insicuro. Non a caso gli incidenti sul lavoro, dai più lievi sino alle drammatiche morti
bianche, sono sempre numerosissimi.
Dobbiamo dire basta al precariato, al lavoro povero e al lavoro nero, intervenendo drasticamente
sulle diverse cause che alimentano i processi di una disuguaglianza radicata, diffusa e inaccettabile.
Vogliamo applicare al più presto in Italia il salario minimo previsto dalla Direttiva europea, riprendendo il
percorso interrotto da chi ha fatto cadere il governo Draghi, proprio alla vigilia della sua possibile
approvazione. Vogliamo utilizzare le ingenti risorse che abbiamo voluto inserire nel PNRR per rafforzare
le politiche attive, per far sì che l’Italia possa avere un sistema di servizi per l’impiego e di
formazione in linea con le migliori esperienze europee. Nell’affrontare i temi del lavoro, dobbiamo
costruire un Paese nel quale la lotta alle diseguaglianze sociali sappia coniugarsi con la lotta ai
mutamenti climatici, forieri di un’altra forma di disuguaglianza: quella tra le generazioni presenti e quelle
future, alle quali abbiamo il dovere di consegnare un pianeta migliore.
Vogliamo investire nella scuola e nell’istruzione universitaria e professionale, strumenti di
emancipazione e riscatto delle persone e ossigeno per l’intera società. Vogliamo investire nella sanità
pubblica e universale, perché a nessuno siano negati diritti essenziali. Vogliamo garantire regole eque
per l’accesso alle pensioni, importi dignitosi e maggiore flessibilità in uscita dal mondo del lavoro a chi è
fragile o ha svolto lavori gravosi.
Vogliamo colmare le disuguaglianze territoriali investendo nel Mezzogiorno e nelle aree interne,
perché è tutto il Paese a rallentare se alcune aree rimangono indietro. C’è una profonda interdipendenza
economica che lega le aree del Paese. È tempo di liberare il potenziale di tutte le persone in tutti i luoghi.
Vogliamo che tutti, in particolare bambine e bambini, abbiano il diritto di vivere in una casa
accogliente e quello a un’alimentazione sana. Non possiamo accettare 3,6 milioni di bambini e ragazzi
in povertà su un totale di 9,2 milioni di minori. È povertà materiale ed è esclusione da diritti e opportunità
che mina anche ogni futura crescita. Sono urgenti un programma e una regia nazionale che ottimizzino i
fondi ordinari, quelli Ue della programmazione 2021-2027 e il PNRR, ispirandosi al principio della coprogettazione tra scuola, Enti locali e Terzo settore. Vogliamo dare priorità alla istituzionalizzazione e al
finanziamento dei patti educativi di comunità e delle équipe multidisciplinari (pedagogista, educatore,
psicologo) a sostegno della comunità educante, in accordo con i servizi psico-pedagogici territoriali di
prossimità.
Vogliamo un Paese per giovani, che restituisca loro speranza, sostegno e opportunità proprio nei
passaggi più importanti della vita: quelli che condizioneranno le loro scelte lavorative, affettive e familiari
e di fronte ai quali si trovano spesso soli e indietro. - Diritti e cittadinanza
Il terzo pilastro è quello dei diritti. Diritti nel vero senso della parola: come piena realizzazione delle
persone e come costruzione di una società realmente inclusiva. Diritti come percorsi di
emancipazione.
Noi crediamo che non esistano, che non debbano esistere storie o destini già scritti. Non vogliamo
che una donna debba rinunciare al proprio sviluppo professionale e personale alla nascita di una figlia o
un figlio. Non riteniamo che il futuro delle nuove generazioni debba continuare a dipendere dal luogo di
residenza. Rifiutiamo l’idea che ottenere la cittadinanza per chi è già Italiano a tutti gli effetti debba essere
un miraggio e l’autodeterminazione una chimera.
La costruzione di percorsi di vita pieni e appaganti, per tutte e tutti, è possibile soltanto se si ha accesso
a una scelta effettiva. Se si dimostra che nessuna persona è condannata alla solitudine,
all’incomprensione o al dolore. Un impegno da portare avanti in un costante dialogo con tutte le realtà
della nostra società: col mondo cattolico e con le diverse comunità religiose presenti nel nostro Paese,
con il variegato panorama del terzo settore e con l’associazionismo laico, con i movimenti giovanili che
negli ultimi anni sono tornati a far sentire con particolare vigore la propria voce.
Compito dello Stato è non far sentire nessuna persona invisibile, creando anzi occasioni e costruendo
mondi dove possa esserci spazio sufficiente per le necessità, le libertà e le aspirazioni di tutte e di tutti.
Come il rispetto del diritto a essere sé stessi e il diritto a non essere ostacolati o discriminati. È da
questa consapevolezza che nasce la nostra ferma intenzione di affermare il pieno riconoscimento dei
diritti civili delle persone LGBTQI+ e di approvare una nuova legge sulla cittadinanza per le
bambine e i bambini che studiano in Italia, ponendo così fine alla lunga storia di discriminazioni
dolorose e fuori dal tempo.
Vogliamo approvare una legge sul fine vita, per permettere a tutte e tutti di decidere per sé. La brusca
interruzione della legislatura, a pochi mesi dal suo naturale completamento, ha impedito di portare a
termine una serie di proposte legislative su questi temi. Da lì ripartiremo, nei prossimi cinque anni.
Vogliamo proteggere il diritto delle persone a esprimersi liberamente in uno spazio digitale sicuro.
Vogliamo che sia garantita la trasparenza sui dati e sui contenuti intermediati dalle grandi piattaforme
online. Vogliamo garantire agli utenti dei servizi digitali, nel solco delle normative europee, una piena
cittadinanza digitale, un efficace controllo dei propri dati personali, insieme a un’efficace regolazione
contro gli abusi delle applicazioni dell’intelligenza artificiale, contro le interferenze delle strategie di
disinformazione, contro forme di tracciamento e di riconoscimento biometrico o l’uso di software di
sorveglianza.
Vogliamo investire nello sport e nella cultura come strumenti in grado di creare apertura, superamento
degli stereotipi di genere, benessere condiviso, nuovi spazi di socialità e nuove occasioni di realizzazione
personale. Vogliamo costruire una nuova cultura della legalità, che faccia della lotta alle mafie e alla
criminalità organizzata una priorità.