Gay: Cirinna’, DDL su matrimoni grande passo civiltà’
(ANSA) – ROMA, 18 GIU – ”Oggi e’ iniziata la discussione in commissione Giustizia dei ddl sull’estensione del matrimonio per le persone dello stesso sesso, e’ un grande passo avanti per allineare l’Italia ai Paesi occidentali più avanzati sul terreno dei diritti civili”.
Lo afferma la senatrice del Pd Monica Cirinna’, relatore dei provvedimenti in materia insieme al senatore del Pdl Ciro Falanga.
”I disegni di legge si propongono di intervenire sul piano legislativo per affrontare la realtà di quelle forme di relazione affettiva e familiare e di convivenza che ad oggi non godono di alcun riconoscimento normativo – spiega – la legislazione italiana, infatti, da un lato non prevede alcuna forma di tutela di diritti e individuazione di doveri derivanti da una convivenza esterna al matrimonio, dall’altra esclude dall’accesso al matrimonio le coppie formate da persone dello stesso sesso”.
“Di fatto – aggiunge – la nostra Costituzione non definisce mai il genere dei coniugi, ma si limita a riconoscere i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio.
Per questo e’ necessario introdurre nel nostro ordinamento nuove norme che regolino i diritti e doveri delle nuove forme di famiglia, anche attraverso il matrimonio, e mi auguro che tutte le forze politiche contribuiscano a produrre una nuova legislazione piu’ avanzata e moderna”.
”L’accesso al matrimonio delle coppie dello stesso sesso – conclude – e’ attualmente previsto in nove Paesi europei (Paesi Bassi, Belgio, Spagna, Norvegia, Svezia, Portogallo, Islanda, Danimarca e Francia) ed e’ in fase avanzata di approvazione in Gran Bretagna. La stessa misura e’ stata adottata in Canada, Repubblica Sudafricana, Argentina, e in dieci fra gli Stati Uniti d’America. In Italia la sentenza 138 del 2010 della Corte Costituzionale ha sancito che all’unione omosessuale spetta il diritto fondamentale di vivere una condizione di coppia, ottenendone il riconoscimento giuridico con i connessi diritti e doveri e che spetta al Parlamento individuare le forme di garanzia e di riconoscimento per le unioni suddette”.
“La Corte Costituzionale, inoltre, specifica che il modello di famiglia cui la Costituzione fa riferimento non possa essere cristallizzato alla situazione del 1948 o essere riferito a un immobile diritto naturale”, conclude Cirinna’. (ANSA).