A mio padre
A poco più di un anno dalla morte di mia mamma Lucilla, se n’é andato anche Corrado, mio papà. Ha avuto una vita lunga, piena di soddisfazioni e gioie, private e lavorative, ha avuto un’esistenza felice, è stato molto amato.
Spesso il rapporto di una figlia con il padre è complesso, e il nostro non ha fatto eccezione. Un legame viscerale, fondato su forti sentimenti, due caratteri decisi delle volte messi a dura prova da scelte contrastanti, forse anche per questo ho imparato – con tanto dolore – che i conflitti vanno agiti, se possibile superati, ma mai negati o ignorati. Queste sono ore lunghissime di emozioni e ricordi, belli e brutti, lacrime e sorrisi. Nei 57 anni di vita con mio padre le ore più belle sono state quelle della mia infanzia, aspettavo il suo ritorno a casa per avere un bacio, mostrargli i miei quaderni di scuola, ordinatissimi e pieni di bei voti, poi gli facevo vedere i disegni, quando era in viaggio ne facevo tanti per lui in un quaderno che gli regalavo al suo ritorno. Mio papà negli anni ‘60 è stato uno dei primi direttori di produzione della Rai, e questo lavoro che lui amava tantissimo gli ha permesso di viaggiare in tutto il mondo. Spesso mancava per tanti mesi, in quegli anni senza mail e cellulari, le telefonate dall’estero erano per noi bambini un prodigio e una festa. Tornava sempre carico di regali, ora so che con quell’eccesso di cose materiali nascondeva i suoi sensi di colpa, la sua latitanza dal ruolo di padre, che certamente lo addolorava. Ne soffrivamo tutti in famiglia molto, e crescendo, da sorella grande mi sostituivo – dove e come potevo – in ruoli non miei con mia mamma e i miei fratelli. Forse anche per questo si sono creati dei conflitti che mi hanno segnata profondamente. Dolori che però sono tutti spariti la notte prima della sua morte quando, non riuscendo più a parlare, mi ha comunicato con sguardi e carezze tutto il suo amore, anche quello che a volte non mi aveva dimostrato quando ero bambina e facevo di tutto per meritarmi un suo bacio. In quei momenti, tante incomprensioni si sono sciolte nell’abbraccio di un amore che è riuscito ad andare oltre il confine stesso della vita. Papà sapeva di avermi fatto soffrire ma sapeva anche che dovevamo fare pace prima di lasciarci per sempre. Quelle carezze sul mio viso e quelle sue mani strette alle mie sono state più forti di mille parole. Siamo stati fortunati, io e lui, ad affrontare la sua morte insieme, come è stato per mamma. Tenerli abbracciati fino all’ultimo respiro sussurrando “sono qui non avere paura” è stato un privilegio, doloroso, che questa maledetta pandemia ha tolto a tante persone, a tutti coloro che sono morti da soli. Adesso non ho più i genitori, ma non mi sento sola. Così come sento ogni giorno la presenza di mamma nelle cose piccole e in quelle grandi, sono certa che anche papà saprà restarmi vicino. Avrò una candela in più da accendere, e tante carezze per i miei cani e gatti, un grande amore che loro mi hanno insegnato.
L’ultima parola sulla morte, e sulla separazione che porta con sè, la dice sempre l’amore che resta, e si moltiplica, perché chi va via ti lascia un buco nel cuore, un buco che si può nuovamente riempire amando nel ricordo di chi non c’è più ma ti ha insegnato che l’amore, tutti gli amori, vincono sempre su tutto.