Indicazioni e chiarimenti sull’applicazione della legge sulle Unioni Civili
Riportiamo alcuni chiarimenti pubblicati da Angelo Schillaci su Facebook sull’applicazione della legge per le Unioni Civili e l’atteggiamento ostruzionistico di alcuni Comuni.
Scrive Schillaci:
1. I Comuni italiani hanno ad oggi a disposizione TUTTE le indicazioni normative necessarie per la predisposizione del registro provvisorio e per la costituzione delle unioni civili (legge, decreto ponte e formule). Se vi dicono che “non sanno come fare” (come nell’incredibile storia di Francesco e Francesco, ad Arezzo:http://www.gaypost.it/incredibile-storia-francesco-francesc…, risolta dal Comune in tempi rapidi dopo il clamore mediatico suscitato) è un problema loro, gravissimo, e in caso di reiterazione, passibile di esposto alle autorità competenti (Prefettura o, se ci sono gli estremi, Procura).
2. Non esiste, non é ammessa e non è in alcun modo configurabile alcuna forma di obiezione di coscienza da parte dei sindaci, che sono tenuti – come ribadito dal Consiglio di Stato nel parere sul decreto “ponte” – a garantire l’effettiva applicazione della legge, personalmente o attraverso gli uffici preposti.
3. Ai sensi del comma 20 della legge, si applicano alle parti dell’unione civile le disposizioni relative al matrimonio contenute, tra l’altro, negli atti amministrativi, ivi compresi (dunque) i regolamenti comunali, le delibere di giunta, o eventuali provvedimenti interni, relativi a luogo e giorno della celebrazione del matrimonio. Stesse sale, dunque, e stessi giorni, fatte salve particolari esigenze organizzative, adeguatamente motivate e non irragionevolmente discriminatorie.
4. Lo straniero proveniente da un paese in cui non sia riconosciuta l’unione omosessuale, non è tenuto a presentare un (impossibile) nulla osta, ma solo il certificato di stato libero. Tanto si desume dal par. 22 del parere del Consiglio di Stato, e dalla prassi già in essere presso alcuni Comuni (tra gli altri, Milano e Fiumicino).
5. I matrimoni omosessuali contratti all’estero sono già trascrivibili nel registro provvisorio delle unioni civili, dietro presentazione – unitamente alla domanda – dell’originale del certificato di matrimonio (se plurilingue) o della sua traduzione giurata e debitamente legalizzata.
Questi i nostri diritti, questo il tempo di non abbassare più la testa.
Un conto è ribadire che l’unione civile non è il matrimonio, come continueremo a fare fino al raggiungimento dell’obiettivo della piena eguaglianza; un conto è non sfruttare fino in fondo le opportunità che la legge, ed in particolare il suo comma 20, ci offre, accettando (o peggio giustificando sulla base della diversità degli istituti) discriminazioni o prassi ostruzionistiche che non hanno alcun fondamento normativo e sono, pertanto, gravemente illegittime.
C’è una bella differenza.