PERCHÈ NON HO PARTECIPATO AL VOTO SULLE MISSIONI
Ieri sera, anche il Senato ha dato il via libera al rinnovo delle missioni internazionali, comprese quelle di sostegno alla Libia, in questa drammatica fase della sua storia. Ho votato con convinzione l’ordine del giorno presentato dal Partito democratico, che ribadisce il sostegno alle missioni in Libia, mostrando però piena consapevolezza delle condizioni politiche e militari, mutate rispetto al momento venne deciso di avviare la missione: un quadro completamente diverso, che rende necessario ripensare quanto meno la missione di sostegno alla Guardia Costiera, che non può nemmeno indirettamente divenire uno strumento di legittimazione di respingimenti o rimpatri di massa in Libia, pacificamente contrari al diritto internazionale.
Proprio per questo, però, non ho potuto votare la risoluzione finale e sono uscita dall’Aula assieme ad alcune colleghe e alcuni colleghi. Con Leu e la sen. Bonino avevamo chiesto il voto per parti separate, per poter evitare di votare proprio quella missione. Non ci è stato accordato, e dunque ho deciso di non partecipare al voto. La mia coscienza personale e le mie convinzioni politiche non mi consentono di legittimare, nemmeno indirettamente, la prosecuzione di una missione impostata in questi termini. Non possiamo continuare a fingere che la cooperazione con la Libia, così impostata sia una soluzione alla gestione dei flussi: forse alcune coscienze troveranno pace in questo modo, ma non la mia. Ci sono responsabilità che non si delegano, e drammi che non possono essere nascosti sotto il tappeto: è necessario evacuare i campi di detenzione dei migranti in Libia, aprire corridoi umanitari e garantire la collocazione in Europa – tutta – delle persone sospese in quel limbo di disperazione e violenza. Le politiche dell’immigrazione sono una cosa seria, che richiede forti assunzioni di responsabilità.