Quattro storie di donne, un monito per tutti
Oggi è toccato ad una bambina di 13 anni di Salerno, che ha avuto l’ardire di di lasciare il suo “fidanzato” di 17 di anni.
Questo, per punirla, ha tappezzato i muri della città con immagini intime di lei con finti annunci di sesso a pagamento.
Di ieri la storia della capitana Mariangela Lombardi, madre, due figli, lavoratrice. “Sei madre, hai due figli piccoli, non ce la puoi fare”, si è sentita dire solo perché voleva raggiungere il dottorato di ricerca, perché voleva crescere e migliorarsi, pur essendo già in prima linea contro il Covid nell’ospedale militare del Celio.
Un obiettivo raggiunto senza ricorrere alle licenze speciali previste per legge, perché “Era questo il momento, per chi come me ha fatto il giuramento di Ippocrate e poi ha scelto di entrare nell’Esercito, di mettersi al servizio della nazione”.
Due giorni fa, invece, la notizia della pallavolista Lara Lugli, rimasta incinta inaspettatamente, che viene citata dalla società sportiva per il danno che avrebbe arrecato. Ennesimo caso di una società, di un datore di lavoro, che si permette di sindacare sul corpo di una giocatrice, di una donna. Di decidere per lei l’età giusta per rimanere incinta, o di decidere quando sia fuori luogo e inopportuna.
Non voglio dimenticare Natalia Beilovya, 57 anni, assistente familiare a una coppia di anziani, morta fra le fiamme dopo aver lottato per salvarli.
Quattro storie terrificanti, quattro storie di donne, quattro storie che ci raccontano quanto lavoro c’è ancora da fare per la parità dei diritti, per la tutela delle donne: dall’istruzione alla cultura, dall’accesso al lavoro alla parità salariale, dalla conciliazione del tempo di vita e di lavoro al contrasto alle discriminazioni e alla violenza di genere.
Un lavoro quotidiano per la costruzione della piena cittadinanza femminile promessa dalla Costituzione, un lavoro che riguarda tutti, donne e uomini.