Un anno senza Arno
Quando la sera trovi cinque minuti per te stessa tornano in mente, prepotentemente, tanti pensieri e tanti ricordi.
Ricordo la nostra ultima notte insieme
Faceva già freddo fuori, ma noi stavamo caldi con il camino acceso, su quel materasso a terra, sotto una coperta che ci copriva entrambi.Avevo l’impressione che i tuoi occhi non mi vedessero più, il tuo corpo immobile, abbandonato ma senza dolore. Sapevi che ero lì, il tuo fiuto non ti ha mai tradito, ti ho accarezzato a lungo e ti ho tenuto per mano, il tuo respiro era sereno. Si sono certa che tu sapessi che ero lì con te, come era accaduto nei nostri lunghi 14 anni insieme.
Non riuscivo a rassegnarmi all’inesorabile destino che quella fosse la nostra ultima notte, volevi andare da Luna, che oltre un anno prima ci aveva lasciati.
Le parlai tutta la notte chiedendole di venire a prenderti, ricordavo i suoi ultimi giorni pieni di dolori, il suo corpo possente ormai debilitato dal male, mi consolavo pensando che a te questa sfortuna non era capitata. Sei stato bene fino all’ultimo, ci hai lasciati in una settimana.
Esterino parla di voi, Arno e Luna, come “i pionieri che fecero l’impresa” !!
Nel 2002 avevamo da poco acquistato l’azienda agricola a Capalbio, dopo pochi mesi capimmo che era giunto il momento di prendere dei compagni di avventura e nulla fu meglio che scegliere due cuccioli maremmani, non ci avete mai delusi sempre all’altezza delle aspettative: buoni, intelligenti, rispettosi con gli altri cani e animali, ma fermi e forti nel pretendere rispetto per la nostra famiglia e per la nostra casa. Avete amato i nostri gatti, li avete protetti e considerati fratelli con i quali dividere la quotidianità . Con Libera e Orsetto la vita è comunque bella, ma il buco che ci avete lasciato nel cuore non è facilmente colmabile.
Ad un anno dalla tua morte, Arno mio , ti voglio ricordare con questo racconto che pubblicai in un mio libro di qualche anno fa, un racconto sulla tua generosità e sul grande amore che hai dato a tutti noi.
Arno, il cane ostetrico
Arno nasce in un’azienda agricola nella Maremma Toscana.
Arno è un meticcio, frutto dell’amore di una lupa per un pastore maremmano. Dopo quaranta giorni dalla nascita il fattore dell’azienda decide di affidarlo, così come il resto della cucciolata. Viene scelto da una coppia che qualche anno prima aveva creato una nuova azienda agricola con un allevamento di vacche maremmane e chianine. Per la coppia la scelta era stata facile, a soli trentadue giorni il piccoletto ringhiava a chiunque entrasse nel recinto dove stava la cucciolata. Si capiva che era un cane dal carattere forte e deciso. Anche chiamarlo Arno fu facile, è lo stesso nome di un bracco straordinario che l’uomo aveva quando era ragazzo. Portato nella nuova azienda, Arno cresce rapidamente e altrettanto rapidamente si integra con gli altri animali, cani, gatti, cavalli, asini, vacche e vitelli maremmani e chianini.È un cane davvero speciale: gioca con gli altri cani, osserva i gatti, abbaia agli asini quando gli si avvicinano troppo, lecca i vitelli soprattutto quando hanno pochi giorni di vita. Giorno per giorno Arno cresce, osservando il veterinario che visita i suoi simili e i lavoranti che accudiscono gli animali e aiutano le vacche a partorire. Il legame più forte Arno lo sviluppa con i suoi genitori umani, è con loro che divide la sua giornata e con loro diventa un cane adulto ed equilibrato. Anche da capobranco non perde però l’attenzione e l’amore per i cuccioli e le partorienti. Un giorno il veterinario aiutava una chianina a partorire, era un parto difficile: il vitello era completamente girato al contrario e non sarebbe nato senza l’aiuto di una persona esperta. La vacca era sdraiata dentro un grande recinto con altre mamme, una maremmana, che osservava la scena infastidita, decide di caricare a testa bassa il buiatra (così si chiamano i veterinari specializzati in bovini).
Arno, attentissimo, salta con un balzo davanti al veterinario e affronta la vacca che lo sta caricando e la costringea deviare, salvando così colui che dopo qualche minuto avrebbe aiutato a nascere un nuovo vitello chianino. Subito dopo il parto la madre fa fatica ad alzarsi, il vitello è steso per terra ancora sporco di liquido amniotico, ha bisogno di essere pulito e stimolato. Arno capisce che serve il suo aiuto e sopperisce alle difficoltà della madre: lecca il neonato ovunque, anche dentro le narici così da aiutarlo a respirare. Quando la madre si solleva da terra e con fare deciso cerca di scacciare il cane dal suo vitello, Arno ringhia e mostra i denti per non farla avvicinare al piccolo da lui adottato, ma desiste presto, vista l’insistenza di mamma chianina. Lui è così mammone con tutti, sia con un cucciolo di gatto cieco assalito da altri cani, che con un giovane capriolo ferito trovato nel bosco e protetto da Arno fino all’arrivo dei soccorsi.
La qualifica di cane “ostetrico”, però, Arno la acquisisce dopo il vero e proprio salvataggio di una vitella chianina che era stata partorita in pieno inverno in una pozza di fango invece che sotto la tettoia sul letto di paglia apposi- tamente preparato per ospitarla.
La madre, una giovane primipara, per altro molto selvatica e di cattivo carattere, non ha voluto sentire ragioni, caricava chiunque le si avvicinasse: aveva deciso di partorire nel fango e così è stato.
Al mattino seguente il ritrovamento fu tremendo, la piccola chianina era completamente immersa nella fanghiglia con la madre che impediva a chiunque di avvicinarsi, ma non la assisteva né l’accudiva.
Arno, arrivato al recinto con i suoi genitori umani, subito capisce che c’è bisogno di lui, corre dalla piccola, la madre tenta di caricarlo, lui reagisce, abbaia, ringhia, va incontro alla vacca, lei decide di sopportarlo a distanza, indietreggia e lo guarda da lontano mentre con la lingua, toglie il fango dagli occhi e dal naso della piccola.
La mamma capisce finalmente che quello di Arno è un aiuto prezioso e così quello delle persone che alzano la vitella e la portano nella stalla. Il freddo è molto forte e la neonata sembra paralizzata, fredda, bagnata, ancora con molto fango addosso; si prova a lavarla con acqua calda e a riscaldarla ma la piccola non si riprende. Arno allora comincia a leccarla, pulirla dal muco nel naso che gli impedisce di respirare bene, gli si mette accanto per riscaldarla e aiutarla ad alzarsi. Dopo un po’ la vacca si avvicina, è più docile e finalmente anche lei prende a leccarla e stimolarla insieme ad Arno, fino a quando la piccola si alza e succhia il colostro – il primo latte denso e ricchissimo di nutrimento dalle mammelle gonfie della mamma. Solo allora Arno si sente stanco e orgoglioso del suo lavoro. Si allontana, la vitella è fuori pericolo, ora è il tempo di riposarsi felice con la sua famiglia umana che lo festeggerà con amore e leccornie.